Onorevoli Deputati! - Il Trattato di estradizione in esame succede a quello firmato a Roma il 6 maggio 1981, che costituiva il primo Trattato bilaterale tra Italia e Canada in materia. A poco più di vent'anni di distanza, un periodo non lungo nella particolare materia, una rinnovata spinta collaborativa ha consentito questo nuovo accordo con il Canada, Paese retto da un regime democratico e da un sistema giuridico anglosassone, di grande estensione geografica e con una vasta contiguità territoriale con gli Stati Uniti d'America.
      Il tempo trascorso dal primo strumento di estradizione ha visto importanti mutamenti negli ordinamenti, che ne hanno reso opportuna la rivisitazione. In particolare, per parte canadese, sono intervenute l'abolizione della pena di morte e una nuova legge organica sulla cooperazione in materia penale (L.C. 1999, ch. 18); per parte italiana, il nuovo codice di rito ha mutato radicalmente il procedimento penale.

 

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Non va infine trascurato che, negli ultimi tempi, gli assetti degli strumenti giuridici internazionali in materia hanno compiuto progressi, che vengono recepiti dal nuovo Trattato Italia-Canada sull'estradizione. Il Trattato, rispetto al precedente, è caratterizzato da una netta semplificazione delle procedure e - particolare non trascurabile nei rapporti con Paesi retti dalla common law - detta una puntuale disciplina delle condanne in contumacia che rendono possibile l'estradizione. Il Trattato, inoltre, introduce l'estradizione semplificata e l'estradizione temporanea, divenuti patrimonio della maggior parte degli accordi simili. Non trascura, infine, la disciplina transitoria tra vecchio e nuovo Trattato.
      Il testo del Trattato si compone di 22 articoli, corredati di rubrica per consentire una rapida individuazione degli argomenti contemplati.
      L'articolo I, nel prevedere il generale impegno degli Stati contraenti all'estradizione reciproca, stabilisce la generale distinzione tra l'estradizione processuale, fondata sulle misure cautelari, e l'estradizione esecutiva, basata su decisioni passate in giudicato.
      L'articolo II determina l'ambito d'applicazione dell'estradizione e quindi i reati che possono dare luogo all'estradizione. Si tratta di una norma decisamente innovativa, rispetto al precedente Trattato, in quanto abbandona il tradizionale metodo, cosiddetto «enumerativo» dei reati, per il più efficace metodo cosiddetto «eliminativo», consistente nel fissare un limite di pena comminata o concretamente inflitta, al di sotto del quale il Trattato non prevede l'obbligo di consegna del reo. Si tratta del metodo utilizzato dalle recenti convenzioni e anche da quella conclusa con gli Stati Uniti.
      Resta il tradizionale principio della doppia incriminabilità, previsto dalla Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, resa esecutiva dalla legge n. 300 del 1963, e dall'articolo 13 del codice penale, portato a livelli di pena decisamente bassi: un anno, ovvero appena sei mesi per l'estradizione esecutiva.
      Inoltre, criteri interpretativi dei reati improntati alla sostanza delle condotte e lontani da visioni formalistiche offrono un ulteriore spazio d'applicazione per l'estradizione.
      È stata riformulata, semplificandola, la regola dell'estradabilità anche per i reati commessi al di fuori del territorio dello Stato richiedente, ancorandola alla presenza di regole di giurisdizione extraterritoriale analoghe nello Stato richiesto.
      Infine sono state inserite norme per le estradizioni riferite a più reati ovvero a pene disomogenee.
      L'articolo III, dopo aver dettato la regola del rifiuto obbligatorio dell'estradizione per i reati politici, considerati tali dallo Stato richiesto, conformemente al modello della citata Convenzione europea di estradizione del 1957, la costella di numerose e rilevanti eccezioni. Tali eccezioni, a differenza del precedente Trattato bilaterale, si aprono a un'ampia casistica: dai reati contro la persona, inclusi quelli relativi alla libertà sessuale, a quelli compiuti con mezzi particolarmente pericolosi. È stata inserita la clausola di non discriminazione secondo il modello di Trattato di estradizione ONU del 14 dicembre 1991.
      L'articolo IV regola espressamente, a differenza del precedente Trattato, il rifiuto facoltativo dell'estradizione, dettando princìpi e criteri nell'uso della facoltà discrezionale. Tra questi, l'osservanza dei princìpi fondamentali in materia di minori, l'eventuale instaurazione di procedimento penale nello Stato richiesto e la sussistenza di ragioni umanitarie.
      L'articolo V, in un'ottica di semplificazione, mutuando analoga regola contenuta nel Trattato di estradizione con gli Stati Uniti, firmato a Roma il 13 ottobre 1983, reso esecutivo dalla legge n. 225 del 1984, prevede l'impossibilità di rifiutare l'estradizione sulla base della cittadinanza, mostrando una stretta cooperazione e fiducia reciproca tra gli Stati contraenti.
      L'articolo VI è, ancora, notevolmente innovativo rispetto al precedente Trattato, che prevedeva, in via esclusiva, la trasmissione
 

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delle domande per via diplomatica, mentre ora questa via è associata alla trasmissione diretta tra Ministeri della giustizia.
      L'articolo VII, nel disciplinare la documentazione accompagnatoria delle domande di estradizione, ne affronta un aspetto particolarmente delicato, in quanto regola gli oneri probatori alla base della domanda, ivi compresi quelli afferenti al procedimento giurisdizionale nello Stato richiesto. La norma, caratterizzata da un'articolazione complessa, disciplina anzitutto gli elementi di base che devono accompagnare la domanda (identità, descrizione della condotta, indicazione delle norme); si divide quindi in due sottoparagrafi [(b) e (c) del paragrafo 1] dedicati all'estradizione processuale e a quella esecutiva. Da evidenziare, nell'estradizione processuale, gli elementi di prova sufficienti per consentirla, che corrispondono a quelli che, se la condotta fosse stata posta in essere nello Stato richiesto, giustificherebbero il rinvio a giudizio. La soluzione resta legata all'impostazione dei Paesi di common law, secondo l'antica previsione dell'Extradition Act britannico del 1870, riprodotto sostanzialmente nell'articolo 33 del nuovo Extradition Act canadese del 1999. Gli elementi di prova devono risultare, sotto l'aspetto concreto, da una relazione sommaria. La norma affronta anche il connesso e delicato problema della ritualità della prova e della normativa di riferimento, richiedendo una certificazione, da parte della competente autorità dello Stato richiedente, che gli elementi di prova «sono disponibili ai fini del processo» e giustificano, «secondo la legge dello Stato richiedente», il rinvio a giudizio, ovvero che «sono stati ottenuti secondo la legge dello Stato richiedente». La condanna in contumacia, quale base giuridica per l'estradizione, è stabilita al sottoparagrafo (d) e, con una soluzione normativa di dettaglio volta a eliminare incertezze interpretative, si prevede, oltre al caso della notificazione personale, quella della conoscenza aliunde, purché tempestiva, del processo. I paragrafi finali dell'articolo disciplinano le caratteristiche dei documenti necessari al procedimento di estradizione, improntandole a semplicità ed efficienza.
      L'articolo VIII prevede la possibilità di richiedere la trasmissione di informazioni aggiuntive entro termini prorogabili.
      L'articolo IX disciplina l'arresto provvisorio a fini estradizionali, snellendo i canali di comunicazione, prima limitati alla via diplomatica e all'Interpol e oggi confermati solo in quest'ultimo canale, cui si aggiunge l'interessamento diretto delle competenti autorità dello Stato richiesto. Inoltre, in luogo della copia del mandato d'arresto o della sentenza di condanna è sufficiente una dichiarazione attestante l'esistenza dei titoli e delle loro caratteristiche. Viene allungato il termine entro il quale deve pervenire, dall'arresto provvisorio, la domanda di estradizione, prima fissato in quarantacinque giorni, oggi determinato in sessanta giorni.
      L'articolo X introduce una semplificazione dell'estradizione che consente di prescindere dalle regole di documentazione previste dall'articolo VII del Trattato, in presenza di consenso dell'estradando.
      L'articolo XI disciplina il caso di più domande di estradizione contemporaneamente avviate nei confronti della stessa persona, fissando i criteri cui deve attenersi lo Stato richiesto nella scelta dello Stato richiedente da preferire, in gran parte mutuati da quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 697 del codice di procedura penale.
      L'articolo XII si occupa della fase esecutiva dell'estradizione, successiva alla decisione di concederla. Le novità rispetto al precedente Trattato consistono nella precisazione che il luogo di consegna, conveniente per entrambe le parti, deve trovarsi nello Stato richiesto; nei termini più serrati di consegna (venti giorni prorogabili di altri venti); nella disciplina di circostanze indipendenti che impediscono la consegna.
      L'articolo XIII, innovando sul precedente, prevede la consegna temporanea, che non pregiudica una successiva estradizione esecutiva, adeguando in tale modo il Trattato a clausole già collaudate in materia.
 

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      L'articolo XIV detta il regime delle cose connesse all'estradizione. In particolare prevede la sequestrabilità di beni utilizzabili nel procedimento relativo al reato che dà luogo all'estradizione. L'espressione relativa all'utilizzabilità è deliberatamente generica e ampia in modo da coprire le differenze tra i diversi ordinamenti. La tutela dei diritti sulle cose vantabili dallo Stato richiesto o da terzi comporta la restituzione dei beni al termine dell'utilizzazione processuale e senza oneri di spesa per lo Stato richiesto.
      All'articolo XV si riproduce il principio di specialità, consolidato in materia (dall'articolo 14 della citata Convenzione di Parigi del 1957, agli articoli 699 e 721 del codice di procedura penale) e già previsto nel precedente Trattato bilaterale, che limita l'estradizione al titolo specifico per il quale è concessa, attribuendo all'estradato l'immunità nel Paese richiedente per fatti diversi.
      Nel paragrafo 2 sono stati disciplinati il caso del mutamento dell'imputazione e le condizioni in cui è ammissibile.
      La riestradizione in uno Stato terzo è regolata dall'articolo XVI, che la permette qualora lo Stato richiesto vi consenta oppure qualora l'interessato, avendo avuto la possibilità di lasciare il territorio dello Stato richiedente, vi si trattenga o vi ritorni.
      L'articolo XVIII individua la legge applicabile, sostanzialmente confermando il precedente Trattato, ma non in modo assoluto in quanto, opportunamente, fa salve le disposizioni contrarie contenute nel Trattato in oggetto.
      L'articolo XIX, relativo alla traduzione degli atti, si rimodella sull'articolo XVIII del precedente Trattato, chiarendo che i documenti vanno redatti o tradotti in una lingua ufficiale dello Stato richiesto, semplificando in tale modo gli adempimenti nei confronti di uno Stato caratterizzato dal bilinguismo.
      L'articolo XX ha il compito di individuare l'autorità incaricata di condurre il procedimento di estradizione che, per quanto concerne la parte italiana, viene rinviato alla normativa interna.
      Il regime delle spese è stabilito dall'articolo XXI che non innova rispetto al precedente Trattato, stabilendo che sono a carico dello Stato richiesto fino a quando non avviene la consegna materiale dell'estradando, regolata dall'articolo XII. Poiché la consegna avviene nello Stato richiesto, le spese che seguono alla materiale apprensione dell'estradando, ancorché compiute nel territorio di quest'ultimo, sono a carico dello Stato richiedente. La norma ricalca il modello di Trattato di estradizione ONU citato.
      La norma finale, stabilita dall'articolo XXII, contiene diverse modifiche rispetto al precedente Trattato. Si prevede infatti il termine per l'entrata in vigore, stabilito in trenta giorni dallo scambio degli strumenti di ratifica, mentre prima vi era l'immediata entrata in vigore, ma soprattutto si prevede una disciplina transitoria. Infatti, sono soggette al nuovo Trattato le domande presentate dopo la sua entrata in vigore, anche se relative a reati precedentemente commessi, e, correlativamente, restano nel regime del vecchio Trattato le procedure avviate in precedenza. Infine, in caso di denunzia del Trattato, i termini di cessazione di efficacia vengono ridotti da un anno a centottanta giorni e restano salve le domande di estradizione presentate prima della comunicazione della denunzia.